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mercoledì 19 febbraio 2003

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Copia di: giovedì
13 febbraio 2003
Spettacoli
Ssocietà dei Concerti - “Filo” gremito e grandi emozioni con il Quartetto David
Archi antichi, suoni d'oro
Da Verdi a Haydn, raffinatissime esecuzioni

Che emozione irresistibile, per un amante della musica, poter assistere all'esibizione di un quartetto d'archi di statura internazionale alle prese con partiture attinte a pietre miliari della letteratura composta per la formazione regina dello stile cameristico classico come l'op.76 di Haydn e i Quartetti Razumovsky di Beethoven! E' grazie alla benemerita Società dei Concerti che il pubblico piacentino ha potuto condividere questa emozione l'altra sera, assistendo al Teatro dei Filodrammatici all'eccellente concerto del Quartetto David (Mauro Loguercio e Gabriele Baffero ai violini, Antonio Leofreddi alla viola e Marco Decimo al violoncello: tre su quattro - Loguercio, Baffero e Decimo - impegnati su splendidi strumenti antichi). Ed è notevole che, per un'occasione del genere, il Filodrammatici fosse pieno come un uovo, persino nella seconda galleria, smentendo il pregiudizio che vorrebbe la musica per quartetto d'archi confinata a una platea ristretta ed elitaria. La serata si è aperta con una lettura esemplare di uno dei capolavori della storia della musica: il Quartetto in Do maggiore op.76 n. 3 “L'Imperatore”, frutto estremo e più maturo della sapienza costruttiva di Haydn, del suo genio di “creatore di forme” e soprattutto del suo impressionante radicalismo estetico che finisce per rinunciare a qualsiasi compiacenza “brillante” in favore della densità e della coerenza dell'insieme. L'esecuzione del David è stata emozionante soprattutto nelle variazioni del Poco adagio cantabile. Dopo la stimolante parentesi con l'opulenza sonora e i ricercati arcaismi del Quartetto dorico composto da Ottorino Respighi nel 1924 (bellissimo il suono della viola), la seconda parte è stata occupata per intero da un altro capolavoro: il Quartetto in Do maggiore op. 59 n. 3 di Beethoven (titolo conclusivo di quei Quartetti Razumovsky che, a meno di 10 anni dall'op. 76 di Haydn, realizzano appieno l'aspirazione haydniana di comporre quartetti che avessero l'imponenza, la complessità e la vastità di respiro della sinfonia), in un'esecuzione vibrante soprattutto nel virtuosistico, vertiginoso Allegretto molto finale. Il bis, nei concerti di questa bellezza, non è mai una formalità. Propiziato da applausi entusiastici, l'omaggio extra arriva col terzo movimento del bellissimo Quartetto in Mi minore di Verdi (alle misconosciute avventure quartettistiche degli operisti italiani il David ha dedicato un cd). Un brano che, eseguito a breve distanza dal Quartetto dorico di Respighi, getta nuova luce sulla ricchezza e finezza di scrittura introdotta nella musica strumentale italiana dalla cosiddetta “generazione dell'80”. Un brano che però, allo stesso tempo, si rivela a ogni esecuzione ricco di una tensione e un'inventiva sorprendenti per il genio eminentemente operistico di Verdi: qualità che il Quartetto David ha saputo esaltare soprattutto nel sofisticato dettato ritmico dei violini e nella splendida cantabilità della melodia solistica affidata al violoncello. Il pubblico reclama un altro bis e il David torna alla ribalta per offrigli il secondo movimento dello stesso Quartetto. «Per avere il resto dovrete comprare il disco» ammicca Baffero tra le risate generali.
Oliviero Marchesi

(c)1998 LIBERTA'


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