“Luar” e “Notturno Mediterraneo”. L’Egea fa centro ancora una volta

Scritto il 14 Novembre, 2009 in Recensioni Jazz, MUSICA

Conosciamo ormai così bene i prodotti delle Edizioni Discografiche Egea che, quando ci ritroviamo in mano uno dei suoi inconfondibili cd con elegante custodia di cartone rigido nero, sappiamo già che ne parleremo bene ancor prima di scartarlo. In questo caso, di quei cd ce ne ritroviamo in mano ben due: Luar di Bebo Ferra e Notturno mediterraneo di Angelo Valori, entrambi appena editi dalla casa discografica di Perugia.

LuarIl titolo dall’album di Bebo Ferra, Luar, termine brasiliano che in italiano si può tradurre “Luce della luna”, dichiara il duplice intento di voler essere un album “notturno” e di chiara ispirazione sudamericana, con sonorità e ritmi che richiamano esplicitamente quelli della bossa nova. Compagni di viaggio – mai termine fu più appropriato – del chitarrista e compositore cagliaritano sono Rita Marcotulli al pianoforte, Marco Decimo al violoncello e Raffaello Pareti al contrabbasso.
L’album colpisce e cattura fin dall’inizio, con le suadenti melodie di Sole d’aprile e la conciliante e dolcissima atmosfera di Risacca, moderno ed eccellente esempio di musica figurativa. L’alba di Yousif è un vero e proprio saggio di improvvisazione jazzistica, campo fertilissimo per la mano di Rita Marcotulli e dello stesso Ferra, e di virtuosismo per gli altri musicisti. Sonorità ed armonie più tradizionali e distensive tornano in Trem das cores, dove a primeggiare sono ancora la chitarra di Ferra e il pianoforte della Marcotulli, le cui frasi sono impreziosite dall’accompagnamento dal malinconico violoncello di Marco Decimo.
Tutta la dolcezza dell’amore paterno si svela in Niño, dedicata dal compositore al figlio Lele, dove sono invece i due strumenti ad arco ad emergere con la loro sognante sonorità, cui chitarra e pianoforte conferiscono brio con degli elegantissimi ricami di note. Un suono più pieno e ritmato caratterizza I segreti del re, sulle cui note si immagina volteggiare un elegante coppia di ballerini di tango e in cui Bebo Ferra dà il meglio di se come chitarrista.
L’Incanto finale è una perla musicale, che riesce davvero ad incantare, a struggere il cuore e ad essere conclusione di un viaggio che ha saputo coinvolgere tutte le sfumature del sentimento più profondo che c’è in chi ascolta. Conclusione vera è, però, la bonus track arrangiata da Marco Decimo, che riprende il tema di Sole d’aprile allargandolo, stirandolo, addolcendolo e impregnandolo di quella melanconia di cui è intrisa ogni corda del violoncello.
Luar è un album che ha il merito di perseguire dei risultati sonori originali e volutamente “ricercati” pur affondando le redici nel jazz più tradizionale. Un disco di vera musica, con veri musicisti, per veri appassionati di musica… il che, visti i tempi che corrono, non è poco.

Notturno MediterraneoParimenti pregevole e parimenti notturno è il nuovo album di Angelo Valori, tanto da intitolarsi Notturno Mediterraneo. Tutt’altri sono i punti di partenza e di arrivo: non il Sud America ma il nostro Mar Mediterraneo, le cui terre sono fucine di culture musicali – e non solo – così diverse e simili al tempo stesso.
Sono le melodie, più che i ritmi, il centro degli arrangiamenti di Angelo Valori, che forse per questo motivo si è avvalso della collaborazione dei migliori maestri di strumenti melodici in circolazione in Italia. Maestri del calibro del clarinettista Gabriele Mirabassi, del sassofonista Pietro Tonolo e del flautista e sassofonista Marco Zurzolo. Con loro Peo Alfonsi alla chitarra, Erasmo Petringa all’oud e al violoncello, Gil Goldstein al pianoforte, Salvatore Maiore al contrabbasso e Antonio Mambelli a batteria e percussioni.
Alle meditative Introduzione e Isole nell’Anima segue la più solare e ritmata Canzone di Terra, che – se si trattasse di un disco di musica più “commerciale” - verrebbe sicuramente scelto come brano di lancio, come hit, forse come tormentone, vista l’orecchiabilità e la godibilità.
Dicevamo: la melodia. C’è una melodia che ricorre dall’Introduzione fino alla fine del cd e che nasce, cresce e muore con esso. Un sottile fil rouge che si insinua in ogni brano e che ogni musicista fa suo: suonandolo, variandolo, giocandoci in tutti i modi possibili. Lo ritroviamo in Folla di Parole, che ci riporta immediatamente sulla sponda più a sud del Mediterraneo, e poi, confuso ed intrecciato, nel fantastico clarinetto di Mirabassi in Interludio.
Ogni disco ha il suo picco e noi, in questo caso, l’abbiamo riscontrato ne La Canzone di Enrico. Non sappiamo chi sia Enrico, ma questa canzone ce lo fa conoscere come una persona buona e dolce, che forse su queste note si innamora o si addormenta, perché il brano – uno dei più intimi e suggestivi dell’intera opera di Valori – è in bilico tra la canzone d’amore e la ninna nanna.
«Poco prima di registrare le composizioni è avvenuta la tragedia del terremoto in Abruzzo: alle 3 e 32 del 6 aprile stavo scrivendo gli arrangiamenti di questo disco e ho sentito distintamente la scossa. Ho cambiato il progetto originario, e ho voluto lasciare una mia piccola testimonianza in questo lavoro». La testimonianza ha come titolo Il volo dell’Aquila ferita, degna conclusione per un album nel quale, innanzitutto, si ritrova il cuore di ogni singolo artista e tecnico che ha contribuito alla sua buona riuscita.

Claudio Cavallaro